Il presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale (UCI), David Lappartient, ha ribadito che non è prevista alcuna forma di esclusione o divieto per le squadre israeliane, come la Israel – Premier Tech, nonostante le numerose e crescenti proteste che hanno caratterizzato corse come la Vuelta a España 2025.
UCI: neutralità e valori olimpici
«Lo sport non è uno strumento di sanzione, ma di unità», ha dichiarato Lappartient, ricordando come la missione del movimento olimpico e delle federazioni sia quella di riunire atleti di ogni nazionalità, religione e cultura, anche in tempi di conflitto.
Il presidente ha però condannato con fermezza le violenze in Medio Oriente, affermando che la situazione a Gaza e in Israele «è terribile per i civili», ma ribadendo che l’UCI deve restare politicamente neutrale: «Se accettassimo di diventare uno strumento di sanzione, metteremmo a rischio l’autonomia dello sport».
Le proteste e il nodo sicurezza
Il tema rimane delicato: durante la Vuelta 2025, diverse tappe sono state interrotte o accorciate a causa delle manifestazioni pro-Palestina, con strade invase da attivisti. Situazioni che mettono a rischio la sicurezza del gruppo e che hanno fatto temere ripercussioni anche su altre gare in calendario, come il Giro dell’Emilia.
Lappartient ha riconosciuto la difficoltà di controllare eventi ciclistici che si svolgono su strade aperte. «Non siamo in uno stadio dove si può controllare ogni ingresso. Su strada il margine di intervento è molto più complesso e spesso dipende dalle autorità locali».
Perché Russia sì e Israele no?
Molti hanno evidenziato la contraddizione tra il ban imposto a Russia e Bielorussia e la libertà concessa ai team israeliani. Lappartient ha spiegato che la differenza risiede nel fatto che Mosca violò la Tregua Olimpica, approvata dall’ONU, invadendo l’Ucraina durante i Giochi Invernali del 2022. Israele, invece, pur coinvolto nel conflitto a Gaza e in altri fronti, non è stato sanzionato allo stesso modo perché la sua situazione «è legalmente diversa».
Incontro con Sylvan Adams e possibili cambi di immagine
Il numero uno dell’UCI incontrerà a breve Sylvan Adams, proprietario della Israel – Premier Tech, per discutere soluzioni future. Tra le ipotesi in circolazione:
- la rimozione del nome “Israel” dalla maglia,
- un cambio di branding dal 2026,
- persino una diversa nazione di registrazione per il team.
La decisione finale spetterà alla squadra, che avrà tempo fino al 1° ottobre 2025 per presentare i documenti di iscrizione alla prossima stagione.
Uno sport tra neutralità e politica
La vicenda dimostra quanto il ciclismo sia oggi al centro di tensioni geopolitiche. Da un lato, l’UCI difende la neutralità dello sport; dall’altro, organizzatori e autorità locali devono gestire proteste che minacciano la regolarità delle corse.
Per Lappartient, però, il principio resta chiaro: «Lo sport deve unire, non dividere. Politicizzare le competizioni sarebbe un pericolo enorme per il futuro del ciclismo e del movimento olimpico».