Elia Viviani, non può finire così…

Non può finire così l’avventura di Elia Viviani nel ciclismo su strada. Un ciclista soprannominato “il profeta”, non solo per il nome, ma anche perchè è stato un vero e proprio precursore di ciò che il movimento ciclistico ha poi cercato di fare nel corso degli anni. Proprio per questa ragione mi rifiuto di credere che uno dei più grandi ciclisti italiani degli ultimi anni, oro olimpico su pista e portabandiera azzurro a Tokyo 2020, debba finire la propria carriera senza la possibilità di svolgere un’ultima stagione su strada.

Nel corso degli ultimi mesi si sono rincorse parecchie voci di ciclomercato dopo l’annuncio che il contratto che lo legava alla Ineos-Grenadiers non sarebbe stato rinnovato. Nessuna di queste ha però avuto un vero e proprio fondamento: Elia Viviani è senza squadra nonostante il suo enorme palmares e nonostante abbia dimostrato di riuscire a farsi trovare sempre pronto nei momenti in cui ce ne è davvero bisogno.

Se l’Italia, ad oggi, ha un movimento ciclistico su pista che riesce a giocarsela con i grandi, questo è soprattutto merito di un corridore come Viviani. Nel 2012 fece la sua prima apparizione ai Giochi Olimpici, senza riuscire a conquistare il podio nell’Omnium. Eppure, in quella stagione, Viviani era stato un pioniere, o, per meglio dire, un profeta: perchè da lì in poi, molti altri corridori avrebbero seguito il suo esempio, alternando il ciclismo su pista a quello su strada. Merito suo e merito di uno dei fiori all’occhiello del ciclismo italiano dell’epoca, il Team Liquigas diretto da Roberto Amadio: se non ci avessero creduto, il presente del ciclismo azzurro sarebbe ben diverso.

L’oro a Rio 2016 nell’Omnium, il bronzo conquistato a Tokyo 2020 e l’argento di pochi mesi fa nella Madison con Simone Consonni sono solo alcuni dei titoli più importanti conquistati da Elia Viviani, che ha vestito anche la maglia di campione d’Italia e d’Europa. Ora, le voci che rimbalzano parlano di una possibilità che Elia possa diventare una sorta di “super tecnico” delle nazionali azzurre, soprattutto per portare avanti il messaggio della multidisciplina. Fin qui va tutto bene, saremmo davvero felici di vedere il veneto in questi panni. Ma davvero non è possibile far correre un’ultima stagione su strada al ciclista azzurro più famoso anche al di fuori del nostro ambiente? Davvero non c’è più spazio per un corridore che ha fatto anche il portabandiera? Mi rifiuto di crederlo, anche perchè il suo ingaggio porterebbe una bella visibilità per il team che decide di impegnarsi. Non può finire così, mi rifiuto di crederlo: siamo a fine gennaio, qualcuno dovrebbe farsi avanti.

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