Ha ancora voglia di mettersi in gioco Chris Froome: nonostante abbia 37 anni, la vittoria in tutti e tre i grandi giri (tra i quali ben quattro Tour de France e altri due podi a Parigi), il keniano bianco vuole ancora essere tra i migliori a lottare per una vittoria. Attraverso un’intervista rilasciata a Roadcycling, sito web della Repubblica Ceca, il corridore della Israel-Premier Tech ha spiegato che non conosce ancora il dettaglio della sua prossima stagione, visto che la squadra è stata “retrocessa” nella categoria Professional insieme alla Lotto-Soudal.
“Molte persone mi chiedono perché continuo a correre quando ho già vinto così tanto – ha affermato Froomey – ma questo sport è passione al 100% per me. E’ uno sport dove la squadra è fondamentale e si corre tutti per un unico obiettivo”. Dopo l’incidente del 2019, però, Froome non è più riuscito ad esprimersi sui suoi livelli: “E’ vero, ma quest’anno ho sfiorato la vittoria all’Alpe d’Huez. Soprattutto, sono riuscito ad affrontare un Tour de France senza problemi dopo questi anni nei quali ho sempre dovuto fare i conti con i postumi della caduta. Purtroppo dopo aver preso il Covid mi sono indebolito, ho affrontato la Vuelta e poi mi sono concesso tre settimane di vacanza”.
La stagione 2023 inizierà presto, al Tour Down Under, in Australia, ma il resto della stagione sarà definito sulla base degli inviti. Froome, nonostante abbia scritto soprattutto un pezzo di storia del Tour de France, non nasconde il suo amore per il Giro d’Italia: “Se dovessi scegliere la migliore giornata in bici della mia carriera, probabilmente non sarebbe nessuna al Tour de France, ma sarebbe la vittoria di Sestriere al Giro del 2018, quando ho conquistato la maglia rosa dopo l’attacco sul Colle delle Finestre. Ho affrontato quella tappa con la mentalità del tutto o niente, dovevo dare il massimo, rischiare e vedere cosa succedeva. Il coraggio mi ha premiato”.
Nell’intervista, il corridore della Israel-Premier Tech ha anche espresso il suo parere sulle radioline in corsa: “Penso che sarebbe più sicuro correre senza. Ormai ogni direttore sportivo ha tante informazioni e te le comunica, sai tutto, da quando c’è un ponte fino a quando c’è una curva. E questo per farti andare più veloce, per essere davanti. Gli ultimi cento chilometri sono sempre una lotta enorme. Sarebbe più silenzioso e più sicuro senza le radio. Oppure: apriamo quei canali radio ai fan. Il ciclismo sarebbe così come la Formula 1. Questo sarebbe un enorme vantaggio per il nostro sport, le persone si sintonizzerebbero sulla radio e ascolterebbero cosa sta succedendo nel gruppo. Sarebbe fantastico”.