Nelle ultime ore si parla frequentemente di Clostebol, il principio attivo dopante al quale è risultato positivo Jannik Sinner, il tennista numero uno al mondo. Sinner è ritenuto innocente dalla Itia, l’agenzia antidoping del tennis mondiale, ma la Wada e la Nado possono ancora fare ricorso.
Nel 2013, per la medesima infinitesimale quantità di Clostebol nel sangue, la carriera del ciclista Stefano Agostini terminò in maniera brusca e senza una seconda speranza. E’ stato proprio l’ex corridore a ricordare l’episodio sui social.
Passato professionista nel 2012 nella Liquigas, dopo un anno da stagista, Stefano Agostini era uno dei più promettenti giovani ciclisti italiani. In quegli anni, la Liquigas poteva contare su Ivan Basso e Vincenzo Nibali come capitani, oltre a un giovanissimo Peter Sagan. Una vera corazzata.
”Era il 21 agosto del 2013 quando ad un controllo antidoping a sorpresa risultai positivo per una quantità infinitesimale di una sostanza che non avevo mai sentito prima di allora.
Il maledetto Clostebol, principio attivo di una pomata usata per il trattamento di tagli, escoriazioni della pelle e simili – scrive Agostini sui social – Il giorno dopo la squadra mi sospese e un mese dopo mi licenziò, un giornalista (del quale non faccio il nome, ma ricordo molto bene) scrisse della mia positività riferendo che il clostebol fosse stato largamente usato nel doping di stato dalla Germania orientale. Per mesi cercai di spiegare all’ UCI come mai si trovassero nel mio corpo quei 0,7 nanogrammi e fu chiaro a tutti che non ci fosse stato nessun intento di alterare qualsiasi prestazione. Secondo i regolamenti WADA mi diedero 15 mesi di squalifica (un anno e 3 mesi). Non riuscii ad accettarlo. Smisi di correre a 24 anni.
Ad Aprile del 2024 il miglior tennista del mondo a 23 anni risulta positivo per la stessa quantità alla stessa sostanza, ma per mesi nessuno ne sa nulla e dopo quattro mesi di silenzio (che lo porteranno a saltare le olimpiadi per una “tonsillite”) viene assolto.
Sono felice per lui perché sono certo, come è stato nel mio caso, che l’assunzione non fosse mirata a migliorare la prestazione sportiva, ma allo stesso tempo resto perplesso per la totale differenza di approccio rispetto a due atleti, entrambi professionisti (non voglio fare paragoni),ma che praticano sport diversi”.