Jannik Sinner trova un accordo: e allora perchè non far tornare a correre Stefano Agostini?

Jannik Sinner ha trovato un accordo con l’Agenzia mondiale antidoping (WADA), accettando un periodo di “tre mesi di inammissibilità per una violazione della regola del doping che lo ha portato ad un test positivo per il Clostebol, una sostanza vietata, nel marzo 2024”. Il Clostebol, quella sostanza che, ormai parecchi anni fa, aveva costretto Stefano Agostini, uno dei ciclisti più promettenti all’epoca, a smettere di correre in seguito a una squalifica, senza poter dimostrare che l’assunzione era stata involontaria, come avvenuto per il tennista italiano.

“Per mesi cercai di spiegare all’ UCI come mai si trovassero nel mio corpo quei 0,7 nanogrammi e fu chiaro a tutti che non ci fosse stato nessun intento di alterare qualsiasi prestazione. Secondo i regolamenti WADA mi diedero 15 mesi di squalifica (un anno e 3 mesi). Non riuscii ad accettarlo. Smisi di correre a 24 anni. Ad Aprile del 2024 il miglior tennista del mondo a 23 anni risulta positivo per la stessa quantità alla stessa sostanza, ma per mesi nessuno ne sa nulla e dopo quattro mesi di silenzio (che lo porteranno a saltare le olimpiadi per una “tonsillite”) viene assolto”, scrisse sui social Stefano Agostini quando ci fu la positività di Jannik Sinner.

Jannik Sinner, il Clostebol e Stefano Agostini

Ora, a questo punto, viene da farsi una domanda: se la Wada è l’organo che deve prendere decisioni su questi casi, per quale motivo ci sono stati due pesi e due misure? Da una parte il tennista numero uno al mondo, dall’altra parte un giovane ciclista promettente che aveva ancora molto da dare al ciclismo. Questa è la differenza sostanziale. Non è un caso, probabilmente, che voci autorevoli nel tennis, come quella di Stan Wawrinka, che sui social ha scritto: “Non credo più nello sport pulito”.

Sia chiara che la nostra non è una presa di posizione contro Jannik Sinner, anzi: vogliamo solo far notare come, ancora una volta, per un caso sostanzialmente identico siano state utilizzate due misure diverse di giudizio. A questo punto, ci verrebbe voglia di chiedere alla Wada di riesaminare il caso di Stefano Agostini: almeno per capire il metro di giudizio applicato.

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