Conca tricolore con merito: e ora il ciclismo italiano venga svecchiato

Diciamo la verità: il tricolore di Filippo Conca non è solo il successo di Davide contro Golia, della piccola squadra che mette nel sacco le altre. E’ la vittoria di chi non si è mai arreso, la rivincita di chi non ce l’ha fatta, la risposta di chi ha saputo dire “presente” nel momento più importante della stagione. Anche per questo motivo, tanti corridori ancora in attività e tantissimi ex, sui social si sono dichiarati entusiasti del successo ottenuto dal corridore lombardo.

Tra gli addetti ai lavori, dopo questa imprevedibile vittoria del corridore dello Swatt Club, formazione amatoriale nata dal blog SoloWattaggio, sono nate diverse considerazioni. Nessuno ce ne ha chiesta una anche a noi, ma un’opinione la vogliamo dare lo stesso. Consiglio non richiesto, ma lo diciamo espressamente: dopo questa vittoria di Filippo Conca, crediamo sia ormai necessario rifondare completamente il ciclismo italiano, che appare ancora vecchio e ancorato a degli schemi da preistoria.

Quel campionato che non esiste più

Dal 2018 non esiste più il campionato italiano elite senza contratto. Quel campionato aperto ai corridori che non appartengono più alla categoria Under 23 e che nel recente passato, prima della cancellazione di quella rassegna tricolore, erano etichettati come “coloro che non ce l’hanno fatta”, coloro che erano “troppo vecchi per passare professionisti”. in Italia, insomma, convinti che all’estero sia ormai partita la caccia al corridore più giovane che è già un fenomeno, tutti gli altri devono essere costretti a rimetterci.

A ben guardare, in realtà, all’estero non c’è solo una caccia al corridore più giovane. Crediamo ormai infatti che solo in Italia ci sia questa regola che se non sei un vincente già da Juniores o da Allievo, allora non passerai mai professionista. Eppure, l’estero ci insegna altro, ci insegna che non si va solo a caccia dei corridori più giovani. Faccio un paio di esempi su tutti: in Italia chi avrebbe mai dato credito a un Remco Evenepoel, che è salito in sella per affrontare una gara a ben 17 anni, l’età in cui, in Italia, bisogna fare faville altrimenti non passi più professionista? Prima giocava a calcio, poi, poco prima di diventare maggiorenne, è scoppiato l’amore per il ciclismo: ha vinto due ori olimpici, una Vuelta a Espana e un mondiale. E’ necessario aggiungere altro?

Dal calcio al ciclismo, dalle granfondo all’oro olimpico

Faccio un altro esempio: in Italia, chi avrebbe mai dato credito a Primoz Roglic, vincitore di quattro edizioni della Vuelta a Espana, un Giro d’Italia, una Liegi e campione olimpico nella prova a cronometro a Tokyo 2020? Ve lo dico io, nessuno: perchè Primoz era un amatore, andava a gareggiare nelle granfondo. L’Adria Mobil e la Jumbo-Visma ci hanno visto lungo: eppure, Roglic in Italia era molto conosciuto, perchè veniva spesso a correre qui da amatore. Ma chi gli ha mai dato credito? Nessuno.

Mettiamo sul piatto un altro esempio: Jonas Vingegaard. Vincitore di due edizioni del Tour de France, un podio alla Vuelta: eppure, fino al 2019, anno in cui la Jumbo-Visma lo ha preso in organico, ha ottenuto davvero pochissimi successi nelle categorie giovanili. Jonas è stato preso dalla squadra olandese a 23 anni, età in cui in Italia sei ormai considerato vecchio, ed è diventato uno dei corridori più forti al mondo. Può risultare simpatico o meno, ma risultati alla mano è un corridore che in una grande corsa a tappe, se le cose vanno male arriva secondo, altrimenti le vince.

E c’è anche il fuoristrada

Prendiamo anche Mathieu van der Poel, in questa lunga sfilza di esempi che stiamo facendo. Un ragazzo che ha iniziato a dedicarsi al 100% alla strada solo nel 2019, a 24 anni, continuando pure a vincere nel ciclocross. In Italia gli avrebbero dato del finito, nessuna squadra gli avrebbe dato una possibilità perchè ormai il suo nome era troppo legato a quello del ciclismo fuoristrada. E chi gli avrebbe dato una possibilità gli avrebbe imposto il divieto di praticare ciclocross. Eppure, parliamo del più grande interprete delle classiche monumento.

Filippo Conca tricolore: ben vengano le nuove idee

Abbiamo preso in considerazione tutti i corridori più importanti al mondo, manca solo Tadej Pogacar. Perchè sì, Tadej nell’anno precedente il passaggio al professionismo ha vinto davvero molto, ma tra tutti i top rider lui sembra essere davvero un’eccezione. Lo sloveno vince sempre e lo fa su tutti i terreni: nessun altro corridore riesce ad essere come lui.

Ecco allora che forse c’è davvero qualcosa da rivedere nella mentalità italiana, legata al fatto che “o vinci subito o sei fuori”. Una mentalità che appartiene a una classe dirigente vecchia, che ha fatto molti errori e che ha portato il ciclismo azzurro nel baratro, facendo una distinzione esclusivamente sulla base del budget delle squadre.

Forse bisognerebbe davvero dare maggiore credito alle realtà più piccole, come lo Swatt Club. Forse bisogna davvero ripartire da quelle squadre che non hanno budget, ma hanno idee e voglia di innovare. Forse bisogna ripartire davvero dal tricolore di Filippo Conca per far capire che un corridore a 26 anni non è finito, ma ha semplicemente bisogno di avere una realtà giusta dove potersi esprimere. Non tutti i corridori sono Tadej Pogacar: eppure, qualcuno è riuscito a vincere tanto anche partendo da una granfondo o da un campo di calcio.

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