Una giovane vita spezzata in sella a una bicicletta. Julia Marie Gaiser, 23 anni, è deceduta giovedì 11 settembre a Salisburgo dopo essere stata travolta da un camionista mentre percorreva la pista ciclabile lungo la Gaisbergstrasse, in un tratto particolarmente trafficato e complesso della viabilità cittadina.
L’atleta, originaria di Bressanone e trasferitasi da alcuni anni in Austria per motivi di studio, stava pedalando in prossimità di un bivio quando il mezzo pesante, guidato da un autista di 46 anni, l’ha colpita durante una svolta a destra. Inutili i soccorsi: la violenza dell’impatto non le ha lasciato scampo.
Il conducente è risultato negativo all’alcoltest, ma l’incidente ripropone in maniera drammatica una questione cruciale: la convivenza tra ciclisti e veicoli pesanti negli incroci urbani. È proprio in queste situazioni, quando i camion svoltano, che il cosiddetto “angolo cieco” diventa un rischio mortale per chi si muove in bicicletta.
Julia non era una ciclista agonista, ma come migliaia di studenti e cittadini europei aveva scelto la bicicletta come mezzo quotidiano per spostarsi in città. Una scelta che in teoria dovrebbe essere sostenibile e sicura, ma che spesso si scontra con infrastrutture incomplete, segnaletica poco chiara e la presenza di mezzi ingombranti.
La sua scomparsa ha scosso non solo il mondo del pattinaggio artistico – disciplina nella quale aveva gareggiato anche ai campionati nazionali austriaci – ma anche la comunità sportiva di Bressanone, dove era cresciuta e aveva mosso i primi passi con il Wintersportverein Brixen.
Numerosi i messaggi di cordoglio da parte di associazioni sportive e istituzioni locali, ma anche tanti i richiami alla necessità di politiche più decise per la sicurezza dei ciclisti. Perché dietro ogni tragedia come quella di Julia c’è un tema che riguarda tutti: rendere le nostre città davvero a misura di bicicletta, senza zone d’ombra dove una pedalata quotidiana può trasformarsi in tragedia.






