E’ notizia di pochi giorni fa: il CIO ha detto no all’ingresso del ciclocross e della corsa campestre ai Giochi Olimpici invernali. «La Federazione delle Olimpiadi invernali è ferma nella sua convinzione che un approccio del genere sminuirebbe il brand, l’eredità e l’identità che rendono unici i Giochi invernali – una celebrazione degli sport praticati su neve e ghiaccio, con differenti culture, atleti e campi di gara». Questo si legge sul comunicato ufficiale.
Sono ormai molti anni che si parla della possibilità che il ciclocross possa essere inserito all’interno dei Giochi Olimpici invernali. Ogni anno, a inizio stagione, si fa sempre più viva la possibilità che questa specialità del ciclismo possa essere riconosciuta dal CIO, salvo poi non avere mai conferme ufficiali. Ora che la Federazione ha preso una posizione importante, è necessario fare delle riflessioni sulle motivazioni secondo le quali, almeno fino ad oggi, il ciclocross non riuscirà mai ad essere uno sport olimpico. Almeno per ora. E, lo sottolineiamo, ne siamo davvero rammaricati.
1 – Uno sport geolocalizzato
Il ciclocross è uno sport eccessivamente geolocalizzato. Belgio e Olanda sono la patria del ciclocross, il resto funge quasi da comprimario. Nel corso degli ultimi anni ci sono state delle ottime intuizioni da parte di Flanders Classics, che ha inserito la prova di Coppa del Mondo a Benidorm quando tutte le squadre di ciclismo su strada sono lì per i ritiri a gennaio, o l’inserimento di Dublino, che però non sarà più proposta.
Per la stagione 2025-2026, la Coppa del Mondo di ciclocross prevede 12 tappe, delle quali sette in Belgio, una in Olanda, una in Spagna, una in Repubblica Ceca, una in Francia e una in Italia. Da notare che ormai da diversi anni il calendario è localizzato solo in Europa: non si svolgono più gare in Nord America. Insomma, il ciclocross è davvero eccessivamente localizzato in Belgio e in Olanda: è vero che sono le due nazioni considerate la patria di questa disciplina, ma ci sembra che si faccia sempre meno per esportare questa specialità in altre parti del mondo.
2 – Non deve per forza svolgersi su ghiaccio o neve
Ai Giochi Olimpici di Milano-Cortina 2026 ci saranno 16 discipline: sci alpino, biathlon, bob, combinata nordica, curling, hockey su ghiaccio, pattinaggio di figura, pattinaggio di velocità, salto con gli sci, sci acrobatico, sci alpinismo, sci di fondo, short track, skeleton, slittino e snowboard. Sono tutti sport che si svolgono su ghiaccio o neve. Il ciclocross, così come la corsa campestre, può svolgersi sulla neve, ma non è una prerogativa. L’immagine “vera” del ciclocross è il fango, non di certo la neve.
E’ stato sicuramente degno di nota l’esperimento che si è svolto in Val di Sole, altra gara di Coppa del Mondo di ciclocross che non c’è più. Al termine dell’ultima edizione della gara italiana alcuni corridori si sono lamentati della presenza della neve ghiacciata, mentre l’anno precedente, con la neve più morbida, non ci sono state cadute gravi. Al di là di tutto, l’esperimento è stato degno di nota, ma è stata una situazione più unica che rara. A gennaio, a Benidorm, la gara di ciclocross si svolge sotto il sole con 23 gradi: a Hoogerheide, invece, si pedala nel fango. Insomma, non c’è questa prerogativa di avere ghiaccio o neve per far svolgere la competizione. Il ciclocross ai Giochi Olimpici invernali potrebbe svolgersi anche in altri contesti, dunque.
3 – Il ciclocross nasce come sport di preparazione
E’ vero che nel corso degli ultimi anni, complice la presenza di corridori che stanno scrivendo pagine di storia del ciclismo su strada, come Zdenek Stybar, Julian Alaphilippe, Wout van Aert, Mathieu van der Poel e Tom Pidcock, il ciclocross ha ottenuto ancora più appeal rispetto al passato, ma non bisogna dimenticare che il ciclocross nasce sostanzialmente come una disciplina di preparazione verso gli impegni estivi su strada o in mountain bike. Il ciclocross veniva praticato perchè pedalare nei campi in inverno permetteva di lavorare sulla forza: adesso questo sport riesce a richiamare persone da tutto il mondo e in Belgio e in Olanda si fanno incassi record a ogni gara, ma è anche vero che sono pochi i corridori che fanno del cross l’obiettivo principale della carriera. Lo diciamo anche rammaricandoci, perchè molti giovani promettenti poi vengono “risucchiati” a tempo pieno dalla strada o dalla mountain bike.






