Davvero qualcuno crede che il doping sia solo nel ciclismo?

In questi ultimi giorni stanno facendo discutere molto le parole rilasciate dall’ex calciatore Dino Baggio, intervistato dopo la morte di Gianluca Vialli. Riportiamo di seguito le sue parole rilasciate a Tv7: “Bisognerebbe investigare sulle sostanze che abbiamo preso in quel periodo. Il doping c’è sempre stato. Bisogna capire se certi integratori col tempo hanno fatto male. Ho paura anch’io, sta succedendo a troppi calciatori”.

Commentando la morte di Gianluca Vialli, l’ex centrocampista ha affermato: “Bisognerebbe risalire a quello che abbiamo preso in quei periodi, bisognerebbe investigare un po’, sulle sostanze prese in quei periodi. Non so se sia dovuto a questo. C’è sempre stato il doping. Non si sono mai preso robe strane, perché c’è una percentuale che devi tenere. Però con il tempo bisogna vedere se certi integratori fanno bene oppure no”.

Sembra quasi che il muro di omertà che è sempre presente dietro il doping stia crollando. Tra voci che si dissociano dalle parole di Baggio e quelle che invece confermano che bisogna indagare, bisogna soffermarsi a riflettere su un passaggio. L’ex calciatore ha infatti detto: “C’è sempre stato il doping. Non si sono mai preso robe strane, perché c’è una percentuale che devi tenere”. La percentuale, molto probabilmente, si riferisce a quella di ematocrito, che gli appassionati di ciclismo conoscono molto bene, visto che la famosa regola del 50% di densità del sangue ha fatto fuori sportivi molto illustri. Un nome su tutti, quello di Marco Pantani.

Resta però l’idea ben chiara che ci sono tanti sospetti riguardo il calcio di quegli anni. Dino Baggio ha fatto parte della nazionale azzurra che è arrivata fino in finale a Usa ’94, quando si giocava a mezzogiorno sotto il solleone mentre in Europa eravamo in prima serata. Ma sono soprattutto parole che confermano i famosi sospetti di Zdenek Zeman, l’allenatore che per primo lanciò sospetti sull’abuso di farmaci e sostanze.

Nel corso degli ultimi anni, il ciclismo è stato l’unico sport che ha fatto davvero qualcosa di importante per combattere il doping. Sono cadute molte mele marce, diverse carriere sono state stroncate, siamo arrivati addirittura a dei casi-limite in cui un atleta doveva provare la sua innocenza perchè c’erano stati dei test fatti male. Il vero problema risale proprio agli anni in cui Baggio giocava, perchè le domande che lui si è fatto solo oggi, nel ciclismo sono state fatte già all’epoca, e per questo si è pensato di introdurre controlli antidoping molto più ferrei.

L’altro grande problema è la non uniformità di giudizio. Un ciclista deve vivere in una sorta di libertà vigilata compilando il whereabout, comunicando sempre ogni spostamento per ricevere controlli a sorpresa. Altri sport, invece, si sono rifiutati di svolgere test a sorpresa, senza ricevere squalifiche dagli organi competenti.

Quello che ci si domanda, quindi è: se esistono la Nado e la Wada a fare da organi di vigilanza nella lotta al doping, per quale motivo le sanzioni non sono mai uniformate? Perchè l’utilizzo di cocaina, per fare un esempio, nel calcio viene punita con una sospensione di tre mesi, mentre nel ciclismo per due anni? E sappiamo tutti che la cocaina di per sè potrebbe nn alterare le prestazioni, ma è un vero e proprio coprente per permettere di non trovare altre sostanze.

Senza contare poi che negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria esplosione dell’utilizzo di tramadol, un altro coprente molto potente che dal 2024 sarà considerato doping. Ma il problema a monte rimane: quando vedremo un’uniformità di giudizio?

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